Giovanna Policicchio

“I Paesaggi dell’anima”

 

 

Credo che l’osservazione di un lavoro, che non sia specificatamente uno scritto, un discorso o un manufatto, sia sempre in grado di suscitare nell’animo del fruitore nuove conoscenze, nuove scoperte, nuovi confronti.

 

Oltre l’artigianato c’è l’arte e l’arte è qualcosa che non appartiene a tutti, ma è rivolta a  tutti. L’arte è quella espressione che ci permette di vivere il progresso, ma ci permette anche di farci prendere coscienza. L’arte è come una bella parola , un buon consiglio detto a chi ne ha bisogno. Senza arte si vive come colui il quale, incosciente, crede di sapere tutto e di essere invece un imbecille fregato sulla via del corso vestito a festa.

 

Come nella parola occorre cimentarsi con la comprensione semantica e sintagmatica (evoluzione della parola e suoi sviluppi valoriali nel tempo), così nell’arte occorre cimentarsi con il valore espressivo interiore di colui/colei, come nel nostro caso, che ci propone sue visioni perché le auspica; ci offre sue considerazioni perché le ritiene obiettive; ci esprime, in un codice altro che appartiene alla forma ed alla dimensione cromatica, sue verità custodite nel profondo dell’ego.

 

Vorrei sottolineare, non prima di averlo ben considerato, il fatto che oggi la ricerca ineluttabile della verità sia non adeguatamente considerata e realizzata. Si teme forse, più di ieri, di urtare la compiacenza di qualcuno che foraggia ciò che incautamente e impropriamente si vuole chiamare informazione;

 

Manca in questo senso la scientificità della ricerca, della parola, della espressione. Si omologa anche la diversità, o almeno ciò che si chiamava diversità.

Rimane, tuttavia, l’impegno a far emergere la verità, o, quantomeno, a cercare di raccontarla.

 

Giovanna Policicchio ci parla dei suoi paesaggi dell’anima; paesaggi che ha costruito in lei non soltanto perché li ha pensati e immaginati così, ma perché li ha ricercati e li ha definiti nel tempo e nel divenire del tempo in lei.

 

Una donna non ha bisogno di aiuto alcuno per parlar all’anima, e quando in essa ci va a costruire dei paesaggi, beh allora ecco emergere un mondo altro che vuole offrire  diverse interpretazioni di un mondo che tutti utilizzano, vivono, consumano, ma non si riferiscono ad esso in termini di traslato dell’io.

E si, perché, notatelo, sembra emergere una mano da dentro che delinea e impone figure e visioni che tecnicamente si svolgono e si definiscono, ma, allo stesso tempo,  obbediscono a precise volontà interiori che si muovono per riordinarsi in visioni e comunicarci delle verità attraverso la perduta bellezza di un tempo e la smarrita considerazione dell’uomo.

 

E’ presente molto spesso l’angelo, ma è presente anche un paesaggio che potremmo definire umanizzato perché assume le sembianze dell’uomo che si diversificano a seconda del luogo, del tempo, delle sensazioni. Un paesaggio che esprime i sentimenti e interagisce con la persona. Un paesaggio caratteriale in quanto appare forte e poi debole; forte quando è accarezzato dalla spatola che modella la realtà, debole quando è toccato da un impatto degradante dell’ambiente. Assolato, ombreggiato, a cotè de la mer, in the brightness of the environment, il paesaggio di Giovanna è un luogo in cui poter vivere la giusta dimensione della vita e invitare gli altri al rispetto massimo che si deve alle cose eterne: belle per natura, utili per principio di vita.

 

 Se dessimo più importanza alle cause che motivano ogni avvenimento ed ogni comportamento, credo che molto chiasso e il gran parlare non avrebbero motivo di esistere e potremmo rendere la nostra esistenza più vivibile.

 

In questo senso anche la critica è figlia di se stessa, del proprio tempo; è figlia della raffinatezza, ma anche  del rumore.

 

L’idea e la verità non sempre si evidenziano da sole, ma quando si tratta di andare a ricercare la nostra idea e la nostra verità, allora si deve prestare molta attenzione perché si tratta di ritrovare se stessi  in se e nel mondo.

 

Osservando i paesaggi di Giovanna Policicchio sembra che fra noi e il paesaggio  si frapponga un io silenzioso  e profondo che appare inscrutabile. Interrogare quel testimone  significa comprendere il presente e recuperare alcune giustificazioni.

 

....” C’è il grande patrimonio dell’anima, fatto di capacità, di sopportazione, di resistenza, di silenzio. Oggi è proprio su questo che ci si gioca il nostro futuro che vogliamo essere al riparo dei faccendieri e servi dissoluti, per i quali è soddisfazione il danneggiare, è trionfo il salire sul carro del vincitore e gridare, gridare senza mai riuscire a proferire una parola che si riferisca ai bisogni della gente, all’interesse comune ed alla salvaguardia del territorio.

E’ il doppio volto umano, come duplice è la condizione verso l’ambiente. Non si possono ignorare le attitudini e le vocazioni.

 

Nell’anima si definiscono, così, i paesaggi tipici che soltanto l’arte e la spiritualità riescono a far emergere dalla incomprensione e dalla inedia.” 

 

C’è un altro aspetto della poetica artistica della Policicchio che non va sottaciuto, ed è quello che riguarda i lavori di découpage, o meglio l’arte del ritaglio, ma anche l’arte del comporre un canovaccio di un’opera, di un film. In questa sua tecnica speciale, la Policicchio ricrea, infatti,  delle verità interiori di natura universale, andando a riscoprire, per esempio, la forza della donna, la dipendenza dell’uomo, la fragilità della virilità maschile.

 

Rimane, su tutto, forte il messaggio che a rendere possibile certe condizioni e a rendere vere certe altre convinzioni, è solo e soltanto l’effusione dell’amore. Se viene a mancare l’amore, viene a mancare ogni tipo di ordine delle cose. Nel rapporto di amore è anche custodito il rapporto di forza, di dominio e di capacità di superamento degli ostacoli della vita.

 

L’amore che evidenzia le debolezze è vizio, è atteggiamento, è rapporto materialistico tra la forza femminile e la fragile violenza maschile.   Questo tipo di amore appartiene al trastullo; a noi interessa dare corpo al sentimento e ricercare in esso l’origine e la definizione della vita.

 

Questa conversazione sull’arte di Giovanna Policicchio ha originato non poche riflessioni e ci ha permesso di andare a definire un rapporto tra l’espressione artistica e la capacità di osservazione della vita contemporanea in una dimensione nuova che soltanto l’arte è in grado di suggerire. A noi la speranza di aver migliorato il nostro punto di osservazione in una società ormai funzionale all’effimero e all’esteriorità.

 

E’ questa una occasione in cui possiamo dire che l’arte è progresso.